Marta Losito se n’è andata in silenzio, quasi in punta dei piedi, con una discrezione e una riservatezza assoluta, cogliendo di sorpresa le tante amiche e i tanti amici che hanno ricevuto domenica mattina, con una fitta improvvisa al cuore, la notizia della sua morte.
Questa discrezione, questa riservatezza hanno caratterizzato tutti gli ultimi anni della sua vita (avrebbe compiuto 64 anni il prossimo 30 giugno), impegnata nella psicoanalisi e nell’insegnamento universitario (prima a Trento e da ultimo a Bressanone).
Era una donna di grande valore umano e scientifico, come lo era stata per molti anni anche nel movimento studentesco, nel femminismo e nel movimento di liberazione della donna, nella nuova sinistra e nei Verdi nascenti degli anni ’80 (anche in Consiglio comunale a Trento), prima di interrompere la militanza politica attiva per dedicarsi più compiutamente all’attività professionale e alla ricerca scientifica nel campo delle scienze sociali e umane.
Marta Losito non viveva di nostalgie o di rimpianti, ma aveva una memoria fresca e viva dei movimenti e delle esperienze politiche di cui aveva fatto parte. Recentemente, sfogliando il volume “Intorno al Sessantotto” (edito da UCT), a casa di amici, aveva dimostrato di riconoscere e ricordare tutto e tutti in modo impressionante. Ma, al tempo stesso, evitava occasioni pubbliche rievocative, rifiutava garbatamente ma fermamente di essere intervistata come una protagonista (e lo era stata realmente) dei movimenti collettivi degli anni ’60 e ’70 (fino ai Verdi degli anni ’80), preferiva parlare di quel suo e nostro passato solo nelle relazioni amicali e interpersonali.
Aveva dedicato la seconda parte della sua vita alla ricerca e all’insegnamento universitario (straordinaria la sua conoscenza e il suo interessamento per la sociologia politica e la figura di Max Weber), al grande interesse per la psicoanalisi e a una vastissima formazione culturale internazionale. Anche il passaggio dall’Università di Trento a quella di Bressanone, nel diverso contesto scientifico e linguistico sudtirolese, le aveva dato nuovo entusiasmo, quasi per una sorta di “nuovo inizio” nella sua vita accademica di ricerca e di insegnamento.
Per l’ultima volta quasi vent’anni fa aveva dato un contributo di analisi e riflessione storica sul movimento femminista e di liberazione della donna a Trento a cavallo tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70 (in “Ventanni dopo”, UCT, 1991). Nel libro collettaneo compare, a fianco della sua intervista, una bellissima foto della sala della “Pro cultura” a Trento (allora all’ultimo piano di Sociologia, in via Verdi), affollatissima di donne, fin sopra il tavolo degli oratori. La figura di Marta, bella e quasi austera (e aveva solo 28 anni!), compare al centro del gruppo di donne che diedero vita a quell’incontro memorabile. Oggi la riguardo, dopo aver saputo della sua morte, e provo una forte commozione e ammirazione nel ricordarla com’era allora.
La sua intervista si rilegge ancora con grande interesse: c’è dentro il suo passato, ma anche il suo futuro (quello di questi ultimi anni) con un forte riferimento ai “nuovi saperi”: “Noi qui a Trento, nella rievocazione del ’68, non abbiamo trovato spazio per dire l’importanza dei ‘nuovi saperi’ che sono nati allora. Non era solo il movimento e quindi la contestazione all’Università o, contemporaneamente, l’unità esterna con gli operai e il più generale movimento sociale. Era anche un discorso che ha fatto uscire e apprezzare nuovi strumenti. Noi abbiamo cominciato a fare il discorso sulla cultura delle donne, ma poi su questo ci sono state varie riflessioni; è anche cresciuto il discorso della psicoanalisi, che prima non era riconosciuto se non per pochi iniziati. Il discorso femminista si è sviluppato con strumenti sempre più raffinati. Credo che oggi lo si possa fare se lo si inquadra in un discorso di nuove forme di sapere, come la psicoanalisi, la storia orale, la storia del quotidiano, il particolare rispetto al generale”.
Dopo di allora Marta Losito non è più intervenuta pubblicamente in riferimento critico a quei movimenti collettivi. E ha percorso personalmente proprio la strada dei “nuovi saperi”, guardando al futuro, senza inutili nostalgie per un passato che pure aveva vissuto così intensamente e da autentica protagonista.
Con Marta Losito se ne va anche un pezzo della nostra storia, una storia spesso rimossa o misconosciuta, ma che lei ha saputo interpretare con intelligenza, rigore e dignità. Addio cara Marta, che la terra sia lieve sopra di te.
Marco Boato
|